Rangoon sulle orme di Pechino

di Angela Oliva

Monaci bloccati dalla poliziaRANGOON. Sono passati circa diciotto anni da quando le televisioni nazionali ed internazionali mostravano quello studente, solo davanti ad un carro armato, erettosi a simbolo di quella rivolta studentesca contro il regime dittatoriale cinese.

Ininterrottamente per diversi giorni fumarono i camini del Forno crematorio del cimitero comunale di Babaoshan, da allora definito come “Il cimitero degli eroi”. La scena si ripropone, violentemente, in queste ore a Rangoon dove arrivano dagli ospedali numerose notizie di decessi, nonostante non vi siano più cortei de diversi giorni a causa della proibizione per i medici, da parte del governo, di non poter curare i dissidenti. Secondo fonti locali, citate anche dal Sunday Times, negli ultimi sette giorni l’esercito birmano avrebbe utilizzato un forno crematorio di una remota cittadina a nord-est di Rangoon per cremare i corpi delle vittime. Tutto ciò per non lasciare alcuna traccia della rivolta birmana e cercare di cancellare i fiumi di persone che hanno affollato per giorni le strade di Rangoon. Un bilancio approssimativo da parte dei diplomatici stranieri si aggira intorno ai cento – duecento morti, ma la giunta si è limitata a confermare soltanto tredici morti; l’incertezza su queste cifre dilaga, anche se testimoni oculari dichiarano di aver visto cremare rivolta studentesca cinese del 1989almeno una settantina di corpi, bilancio che va ben oltre le dichiarazioni ufficiali. Gli stessi testimoni, tutti rigorosamente anonimi, hanno affermato di continuare ad avere paura; anche se le strade sono ormai deserte, l’esercito continua ad incutere timore rastrellando le case alla ricerca di altri dissidenti, veri o presunti che siano, per arrestare arbitrariamente. Sull’onda di tutto ciò viene alla luce un’ altra rivolta, ci trasferiamo in Iran, scendono in strada gli studenti accompagnati, oggi, anche dai loro stessi professori; stesse scene di persone arrabbiate e con gli occhi pieni di voglia di parlare ma la paura di tutti noi è che a queste persone si risponderà sempre allo stesso modo anche se a chilometri di distanza.

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