Parete, smantellato clan camorristico: 13 arresti

di Redazione

carabinieriPARETE (Caserta). Luigi Chianese, Raffaele Chianese, Pasquale Cristofaro, Antonio Di Martino, Gennaro Iolio, Antonio Lanza, Giovanni Mola, Giuseppe Principato, Salvatore Sabatino, Nicola Salviati, Salvatore Tambaro, Clemente Tesone e Lorenzo Tesone: tutti in cella, ma le indagini dell’Arma non si fermano.

Il nuovo gruppo che controllava Parete, per nome e per conto evidentemente del clan dei Casalesi, è stato completamente smantellato. Eppure i carabinieri hanno bisogno di fare ancora chiarezza. Lo ha detto il maresciallo del comando stazione di Parete, Antonio Guadagnulo (che ha condotto in prima persona l’indagine), che c’era “necessità di frenare l’evoluzione del gruppo”, troppo violento, sia verbalmente che fisicamente. Ma non si escludono possibili implicazioni. Ed è su questo che si continua ad indagare. Adesso a parlare dovranno essere i commercianti e gli imprenditori, le vittime principali delle estorsioni, che “non hanno contribuito – come riferito dai giudici durante la conferenza stampa di ieri – alla cattura degli estorsori”. Loro, ma anche, probabilmente, alcuni esponenti tecnici del Comune, e non solo. Sì, perchè gli uomini del clan avevano messo le mani sull’ufficio tecnico comunale nonchè sul comando locale della polizia municipale. Oltre a monopolizzare vari settori economici del territorio, intervenendo anche presso imprenditori, l’organizzazione criminale, infatti, era interessata al controllo sull’edilizia urbana del paese ed aveva, per questo, infiltrato suoi uomini nel Comune. Così come, infatti, si serviva di un piccolo imprenditore edile della zona, certo Raffaele Chianese, come consulente delle attività edilizie e “procacciatore” degli affari nel settore, usava un suo affiliato, il geometra Tambaro, che prestava servizio in qualità di Lsu presso l’ufficio tecnico, per “sbrogliare” pratiche di autorizzazione nel settore dell’edilizia privata. Sarebbero stati, inoltre, posizionati uomini nell’orbita della polizia municipale per far ritardare controlli ad opere abusive. Usando “metodi mafiosi” gli affiliati avrebbero dunque fatto pressione su alcuni dipendenti comunali affinchè i propri affari potessero essere svolti serenamente. Uno dei settori di maggiore interesse per il gruppo malavitoso era proprio l’edilizia urbana, in particolare quella abusiva. Il giro d’affari, che prevedeva la “mazzetta” anche solo su una imbiancata alla balconata, non poteva certo essere condotto senza garanzie. Ed una di queste era di certo dovuta alla mancanza di controlli e all’assicurazione di licenze edilizie quando necessarie. Su questo gli investigatori non si sono pronunciati. La collusione di Salvatore Tambaro è stata accertata, non quella, però, di altri. Certo resta che gli stessi inquirenti hanno assicurato che le indagini proseguono. Non si esclude dunque che si possano scoprire alcuni legami, non emersi durante le intercettazioni telefoniche ed ambientali, intercettazioni che sono state fondamentali per incastrare i tredici uomini del gruppo emergente a Parete. Fondamentali ma non sufficienti per rendere certi gli inquirenti che il possibile marcio del territorio sia stato debellato del tutto. Adesso, probabilmente, c’è da scrutare nei registri e nelle “carte” del Comune, che potrebbero “cantare” una verità ancora nascosta. Insospettabili potrebbero cadere nella rete degli inquirenti, che sembrano voler andare in fondo alla situazione. L’arresto dei tredici uomini del clan potrebbe, in futuro, presentarsi solo come la prima azione per scardinare un modus vivendi basato proprio sulla cultura malavitosa. Altre novità potrebbero sconvolgere l’assetto organizzativo della casa comunale. Ma queste, al momento, restano solo mere possibilità. La verità è ancora tutta da verificare e da valutare e saranno gli investigatori a fare ulteriore chiarezza.

Trovati pistola, proiettili e marijuana

Una notte di fuoco quella tra lunedì e martedì. L’arresto dei 13 uomini del clan infatti è stato preceduto e seguito da una serie di perquisizioni. Gli uomini dell’Arma, 100 in tutto tra Caserta, Aversa, l’ottavo battaglione Lazio e le unità cinofile di Napoli nonchè i militari del settimo nucleo di Pontecagnano (che sono intervenuti con l’elicottero), hanno eseguito controlli negli appartamenti delle famiglie degli arrestati. Un blitz è stato effettuato anche in casa del fratello di Cristofaro, Giovanni. I militari non hanno lasciato nulla al caso. Sono state visionate, centimetro per centimetro, tutte le abitazioni. Pare che siano stati portati via anche alcuni cellulari (attraverso le telefonate si è riusciti infatti ad arrivare agli uomini del clan e di incastrare l’intero gruppo. Non si esclude che ancora possano servire per arrivare a qualche altra scoperta importante), ma di certo c’è stato il ritrovamento di un’arma. In casa di Giovanni Mola, i militari hanno rinvenuto una pistola calibro 7.65 con caricatore bifilare, 47 cartucce 9 per 21 e 100 grammi di marijuana. Il tutto era nascosto in uno sgabuzzino. I militari hanno fatto irruzione nell’appartamento. Tutte le stanze sono state posto sotto la lente di ingrandimento. Poi l’attenzione dei militari si è spostata al piano inferiore della casa. Qui la scoperta. Entrati nella piccola stanza buia i militari sono stati condotti dai cani. Questi si sono avvicinati ad una grata nella quale erano disposti vari indumenti, e attrezzi di diversa fattura. Proprio in uno stivale di gomme bianca, di quelli usati generalmente usati per la pesca, è stata trovata una busta trasparente. All’interno di questa erano nascosti la pistola, i colpi e la marijuana. L’intero territorio, poi, di Parete è stato attenzionato dai militari e la presenza dell’elicottero serviva proprio ad avere una panoramica dall’alto della situazione. I militari avevano preparato il blitz e non potevano lasciare nulla al caso. Anche l’arresto dei tre che da tempo non erano presenti nelle proprie abitazioni è stato concertato. Dieci degli arrestati, infatti, sono stati ammanettati tra le mura domestiche. Altri tre invece sono stati scovati in un albergo di Giugliano. Chianese, Di Martino e Mola, infatti da tempo non tornavano più a casa. Erano soliti cambiare albergo ogni sera. Evidentemente, con la complicità del gruppo camorristico locale, avevano la possibilità di nascondersi. La “fuga” dei tre risalirebbe all’ultimo blitz fatto dai carabinieri lo scorso 27 luglio. Forse si sentivano pressati ed avevano paura di essere scovati. Ma anche l’allontanamento da casa è stato inutile. Sono stati ammanettati all’interno dell’albergo nello stesso momento in cui i loro complici venivano svegliati nel proprio letto. C’è anche da dire che Luigi Chianese, proprio a seguito degli ultimi arresti effettuati sul territorio, decise di allontanarsi dal paese. Un viaggio in Spagna sarebbe stato l’ideale. Ed infatti Chianese raggiunse la Spagna in estate con la sua automobile. Tutto di fretta, senza nessun preavviso.

Il sindaco Verrengia consulta un legale e chiede incontro col Prefetto

il sindaco Luigi Verrengia “Disagio”: questo ciò che il sindaco Luigi Verrengia ha provato alla notizia degli arresti. Disagio e “bisogno di riflettere” per vederci chiaro sulle accuse. Il sindaco ha ascoltato la notizia dalla tv ed immediatamente ha chiamato a raccolta tutti i dipendenti del comune. “Ho investito tutti gli uffici del Comune per chiedere informazioni a dipendenti e dirigenti”. Anche gli Lsu sono stati chiamati a raccolta. Ma Verrengia resta confuso e annuncia che si rivolgerà “ad un legale per comprendere la situazione e valutare il comportamento da assumere”. Oltre alla consulenza legale, e alla convocazione della giunta, il sindaco chiederà “un incontro con il prefetto. Qui ci potrebbe essere in ballo una commissione d’accesso”. Intanto resta in dubbio: “Al comune, che io sappia, – afferma preoccupato – nessuno è mai venuto a richiedere un documento e poi non dovrebbero essere interessati i funzionari se veramente ci fosse stato qualche atto per favorire qualcuno?”. Domande legittime che potranno ricevere una risposta solo dai giudici e dagli inquirenti, che continuano ad indagare. E sulla magistratura il sindaco si dice “fiducioso” anche se dubbi permangono, ma forse “solo perchè io non capisco di camorra, mai mi sono trovato ad affrontare problemi del genere”. E per quanto concerne Salvatore Tambaro il sindaco lo definisce “un bravo ragazzo, educato. Da un anno che lo conosco non mi ha mai creato problemi. Certo le apparenze possono ingannare”. Sul ruolo che svolgeva nell’ufficio tecnico è ancora più chiaro: “Era un Lsu e non aveva certo il potere di influenzare scelte dell’ufficio, per di più senza passare dai responsabili. Non svolgeva inoltre, visti i problemi alla vista, mansioni particolari. Io non l’ho mai visto con una pratica o un procedimento tra le mani”.

dal “Corriere di Caserta”, mercoledì 03.10.07 (di Luisa Conte)

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