11 settembre: l”inizio di una “quarta guerra mondiale”?

di Redazione

11 settembreUn dato è certo: la fine del novecento segnò anche la fine della guerra fredda. La “terza guerra mondiale” che vide contrapposte le due superpotenze planetarie, per una quarantina d’anni, sembrò definitivamente archiviata insieme al ‘900.

Almeno, così si sperava. Anche se costellato da centinaia di guerre “locali”, come quella di Corea e del Vietnam, il secolo scorso vide contrapposte due potenze “attentissime” a non scatenare l’olocausto nucleare, perché entrambe perfettamente consce della distruzione totale che ne sarebbe derivata. Nel 1989, però, cadde il muro di Berlino. Col muro cadde anche la contrapposizione tra le due superpotenze U.S.A. e U.R.S.S. Il mostruoso complesso economico-industriale-militare che prosperava su questo confronto, si vide, all’improvviso, orfano delle commesse miliardarie che, in quarant’anni, avevano fruttato guadagni per oltre 1 miliardo di miliardi di dollari. Una cifra incredibile, difficile persino da scrivere. Era evidente che, per mantenere in piedi “il mostro”, c’era bisogno di un “colpo di fortuna”.

C’era bisogno, come minimo, di una “quarta guerra mondiale”. Detto fatto. La “fortuna” aiuta sempre gli audaci. Un gruppo di fanatici religiosi riusciva in un’impresa destinata a cambiare i destini del mondo e a modificare la direzione di un enorme flusso di dollari. Quello che era successo aveva dell’incredibile. Il cambio di millennio aveva fatto vaticinare maghi, fattucchiere e ciarlatani su ogni tipo di sciagura, ogni sorta di catastrofe, ma nessuno di questi era riuscito a prevedere l’undici settembre. Evidentemente questo tipo di previsione era troppo difficile da azzeccare. Non si trattava di una catastrofe naturale come un terremoto o uno tsunami, ma di un deliberato atto criminale, contro della gente inerme, intenta nelle proprie attività lavorative, all’interno dei due giganteschi simboli del capitalismo americano. Le conseguenze di quell’azione criminale sono ancora sotto gli occhi di tutti.

La terrificante ed esasperante “guerra di civiltà” che n’è scaturita ha, però, caratteristiche mai viste prima. Non ci sono due popoli che si scontrano, ci sono due modi completamente diversi di concepire la vita. Ma queste non sono ragioni valide per distruggersi a vicenda. Chi pensa che ci siano dei fanatici terroristi che, seriamente, ritengano possibile sostituire la civiltà occidentale con una sorta di regime islamico mondiale, basato su norme ataviche, contestate persino dagli arabi moderati, si sbaglia di grosso. Pur avendo appoggi e pur riscuotendo simpatie tra i milioni di musulmani del mondo, queste persone sanno benissimo che l’obiettivo non potrebbe essere mai raggiunto. Pur usando le armi più terribili che si possano immaginare: i “martiri suicidi” e pur scatenando una guerra santa (che potrebbe durare anche decine d’anni) questi criminali sanno benissimo che non riuscirebbero mai ad arrivare alla conversione o allo sterminio totale di miliardi di cristiani e milioni d’ebrei.

Ma allora perché lo fanno? Domanda da un milione d’euro! Ma prima della risposta, torniamo ai fatti. Di fronte alla minaccia di Al Qaeda, gli Stati Uniti hanno accentuato sino al parossismo le misure antiterrorismo già in vigore prima dell’undici settembre. Miliardi di dollari sono stati investiti in metal detector, porte blindate, sistemi d’allarmi, sistemi radar, intercettazioni telefoniche, monitoraggio dei mass-media, finanziamento alle Agenzie per la Sicurezza ecc. Investimenti miliardari, sempre in dollari, stanno sostenendo la guerra in Iraq e le varie missioni all’estero, in primis, l’Afghanistan. Malgrado ciò il medio-oriente è una polveriera pronta ad esplodere e, quotidianamente, una miriade di “piccoli” atti di terrorismo fanatico insanguina le strade di mezzo mondo. Allo stato, l’instabilità politica, la guerra, le guerriglie e gli atti di terrorismo coinvolgono più di sessanta paesi.

Con gli investimenti in armamenti, sistemi atti a prevenire il terrorismo, spese per la ricostruzione ecc. che potete ben immaginare. E tenuto conto che le cellule di jihadisti in tutto il mondo, attive o dormienti, sono stimate in alcune migliaia, tutto fa supporre che, in tempi relativamente brevi, i paesi coinvolti aumenteranno considerevolmente. Così come dovranno aumentare sicuramente le spese necessarie per fronteggiare la minaccia Bin Laden. Una minaccia reale, se pensiamo che, in questi sei anni, si sono avuti più di quindicimila atti terroristici, con oltre centomila feriti e migliaia di morti. La cosa che dovrebbe far maggiormente paura è che Al Qaeda, quando nacque, era un’organizzazione modesta; in pochi anni, invece, è diventata una minaccia di portata planetaria. E’ evidente, come la luce del sole, che i finanziamenti ad Al Qaeda sono aumentati via via che si accrescevano i danni da essa causati.

Eppure la maggioranza dei musulmani non appoggiano Bin Laden. Così come, del resto, la maggioranza degli occidentali non appoggia Bush. Ma allora chi ha interesse a finanziare un terrorismo suicida e senza alcuna speranza di successo? Torniamo alla “quarta guerra mondiale” e alle risposte agli interrogativi. Diversamente dalle altre, questa non è una guerra di tipo classico: due o più popoli nemici che si affrontano per motivi, più o meno, palesi a tutti. Qui non si sa esattamente chi c’è dietro Bin Laden. Quali sono le ragioni che spingono i finanziatori occulti di Al Qaeda a creare una situazione che, alla fine, si è dimostrata mortale solo per il popolo iracheno? Senza, ovviamente, sottovalutare i danni, in termini di perdite umane, riduzione delle libertà personali e distruzioni materiali, causati all’occidente.

Fatto sta che, grazie alla “quarta guerra mondiale”, grazie al terrorismo fanatico e grazie a chi c’è dietro di esso, miliardi e miliardi di dollari sono ricominciati a scorrere, come il sangue nelle vene di un corpo esausto, nelle banche, nelle industrie chimiche e d’armamenti, nell’industria petrolifera, insomma in tutto quel mostruoso complesso economico-industriale-militare che all’inizio del millennio sembrava destinato ad un congruo ridimensionamento.

Forse, è proprio per aiutare chi sarebbe stato obbligato ad andare in pensione prima del tempo, a causa del fallimento della propria azienda, che Gorge Bush, magnanimo come sempre, pensò bene di circondarsi di un numero così alto di “ministri” (l’ottanta per cento del Governo) in qualche modo legati alle industrie chimiche, petrolifere, militari, alle banche, alle società di costruzione d’impianti ed infrastrutture ecc.

Peccato che questo, però, accadesse prima dell’11 settembre 2001…

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