Rischia condanna chi chiude la moglie in casa

di Redazione

Condannato per violenza privata perchè chiudeva la moglie in casaIl marito geloso che chiude in casa la moglie rischia una condanna per violenza privata, perché modifica le abitudini della persona e la sottopone a controlli continui. Questa è la rivoluzionaria sentenza n. 3158 depositata stamattina dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione.

Veniamo ai fatti. Un 50enne pugliese era stato indagato per violenza privata per aver costretto la moglie “a modificare le proprie abitudini di vita rinunciando a uscire a piedi e, comunque, a limitare le proprie uscite, a vivere chiusa in casa, controllando continuamente le immagini provenienti da una telecamera esterna appositamente istallata, a richiedere la compagnia della madre nelle notti in cui il marito era impegnato in turni di lavoro notturni”. I giudici del Palazzaccio sono stati aditi a decidere sulla custodia cautelare. Infatti il Gip del Tribunale di Lecce aveva negato la richiesta presentata dall’accusa degli arresti domiciliari. Decisione poi rovesciata dal Tribunale pugliese. Contro questa pronuncia l’uomo aveva fatto ricorso in Cassazione precisando che “le asserite limitazioni del libero comportamento della persona offesa non erano riferibili ad alcuna minaccia, ma solo ad attenzioni amorose, ed erano ascrivibili ad autonome scelte di vita della stessa donna”. Il giudice di merito ha precisato: “E’ ineccepibile in ragione della peculiarità della fattispecie in oggetto, contrassegnata da un sistema di reiterate molestie e minacce tali non solo da costringere la persona offesa ad un radicale cambiamento del suo regime di vita, ma a tollerare anche pesanti insinuazioni nella sua vita privata e nella sfera della sua riservatezza”. Insomma, l’ennesimo caso assurdo di accanimento verso le donne, che troppo spesso ormai devono fare i conti con comportamenti maschili insani, dettati dall’insicurezza e dalla scarsa ragion d’essere. Chiudere in casa un altro essere umano, nasconderlo dalla vista degli altri, rasenta una patologia che va aldilà di quella sana ed a volte gradevole gelosia propria di chi si ama. È’ il sintomo evidente di un mal di vivere tutto proprio dell’uomo di oggi, schiacciato da una competizione che lascia pochi margini al dubbio. L’unica scelta plausibile: la violenza e la sopraffazione. Ma quanto ancora noi donne ne dobbiamo subire per entrare in una sfera personale che ci spetta di diritto? Forse ancora tanto o forse ancora tanto poco.

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