Diciannove anni fa il tragico incidente delle Frecce Tricolori a Ramstein

di Redazione

Frecce Tricolori a Ramstein

Sono passati diciannove anni dalla tragica data del 28 agosto 1988. In quella calda domenica d’agosto a Ramstein, in Germania, avvenne uno dei più controversi episodi legati, in qualche modo, al caso Ustica. Ancora oggi, a distanza di tanti anni, le discussioni accesissime sulle cause dell’incidente (fatalità o sabotaggio) infiammano gli animi degli italiani che non dimenticano.

Ma ricordiamo cosa avvenne quel tragico giorno. Nel corso dell’Airshow Flugtag ’88 che si svolgeva nella base americana di Ramstein, nella Germania Ovest, l’esibizione della pattuglia acrobatica italiana, le amatissime Frecce Tricolori, si trasformò in un’enorme tragedia. Gli aerei pilotati dal Capitano Giorgio Alessio (che nella formazione era identificato con la sigla Pony 2), dal Tenente Colonnello Mario Naldini (Pony 1) e dal Tenente Colonnello Ivo Nutarelli (Pony 10) mentre eseguivano una figura acrobatica denominata “Cardioide” entrarono in collisione. Gli Aermacchi MB-339, precipitarono da un’altezza di 50 metri. Pony 1 e Pony 2 precipitarono a bordo pista. Pony 10 precipitò sugli spettatori che assistevano allo show. Quel giorno persero la vita i tre piloti e cinquantuno spettatori. Nei mesi seguenti, a causa delle gravi ferite e delle orribili ustioni riportate, morirono altre 16 persone, tra i quali molti bambini. A vedere le immagini, l’incidente avvenne a causa di un errore del solista. Un valentissimo pilota che, per la prima ed ultima volta, eseguì una manovra abituale in maniera troppo veloce, con troppa fretta e ad una quota troppo vicina al suolo. Tre strane circostanze. Altre incredibili coincidenze fecero nascere delle ipotesi terribili sulle vere cause della tragedia. Il Giudice Istruttore Rosario Priore, incaricato delle indagini sulla strage di Ustica, nella sua sentenza-ordinanza, riferendosi ai due ufficiali Naldini e Nutarelli, scriveva:

“…è emerso in più punti dell’inchiesta, che i due ufficiali piloti, del gruppo intercettori, in servizio presso l’aeroporto di Grosseto, la sera del 27 giugno 1980 fossero in volo su F104, fino a 10 minuti circa prima della scomparsa del DC9 Itavia – il loro atterraggio all’aeroporto di Grosseto è registrato alle 20.45 e 20.50 locali…”

Alcune fonti giornalistiche riportarono la notizia che l’otto settembre 1988, il tenente colonnello Naldini, sarebbe stato convocato dal Giudice Priore per rispondere ad alcune domande sulla strage di Ustica. Qui, effettivamente la coincidenza è impressionante. Il Giudice, però, disse di non ravvedere in ciò delle connessioni con l’incidente di Ramstein perché esisteva una: “…sproporzione tra fini e mezzi, e cioè che si dovesse cagionare una catastrofe – con modalità peraltro incerte nel conseguimento dell’obiettivo, cioè l’eliminazione di quei due testimoni per impedirne rivelazioni…”.

In effetti, per eliminare due persone ci sono sicuramente modi meno plateali, però, il problema è che i Piloti delle Frecce Tricolori non sono stati gli unici testimoni del caso Ustica a morire per cause “strane”. Tanti altri servitori dello Stato, in qualche modo legati a quel tragico avvenimento hanno perso la vita in circostanze alquanto singolari, come quell’aviatore trovato impiccato ad un albero, ma con i piedi che toccavano il terreno o il suicida che pur essendo mancino si era sparato alla tempia usando la mano destra. In ogni caso la sentenza del Giudice Priore, tra le altre cose, affermava che tra gli altri aerei in volo, quella sera di venerdì 27 giugno 1980, sul Tirreno, con rotte in parte coincidenti o non lontane da quella del DC9 Itavia, ci fossero tre F104 biposto, partiti e rientrati a Grosseto, con Nutarelli e Naldini.

A pagina 749 della sentenza, inoltre, c’è un interessante capitolo “La morte di Nutarelli e Naldini e il cosiddetto memoriale Naldini” di cui riporto un breve stralcio: “Il Naldini lo aveva chiamato per telefono e gli aveva chiesto un appuntamento a Firenze; la sera andarono a cena in un ristorante a Piazzale Michelangelo. Qui il Naldini gli confidò – Io sono stato testimone della strage di Ustica – gli confidò, inoltre, che la sera del disastro gli fosse stato ordinato di intercettare due aerei che si trovavano in una determinata rotta senza autorizzazione e che seguivano nella scia l’aereo civile autorizzato, che poi altro non era che il DC9 dell’Itavia che cadde quella stessa sera ad Ustica. Seguì i due aerei, ma arrivati all’altezza probabilmente di Gaeta, gli venne ordinato di rientrare. Al momento del rientro non poté usare l’apparato radio di bordo per le comunicazioni. Quella sera, concludeva queste sue dichiarazioni, furono abbattuti due velivoli, uno dei quali era quello civile”.

L’ipotesi del sabotaggio per quanto inverosimile è possibile. Un famoso giornalista tedesco: Werner Reith, del quotidiano Tageszeitung, sosteneva l’ipotesi del sabotaggio. In primis egli riteneva che dovesse assolutamente escludersi il black-out causato dalla fortissima accelerazione. Il solista, infatti, aveva compiuto razionalmente tutta una serie di manovre fino al momento dell’incidente. L’unica spiegazione doveva essere, quindi, il sabotaggio. Qualcuno poteva aver causato un difetto di funzionamento degli strumenti di bordo come l’altimetro, la rottura dell’acceleratore o della cloche. L’ultima ipotesi, anche se fantascientifica, è che il sabotaggio potrebbe essere avvenuto mediante l’invio di fortissimi disturbi elettronici dall’esterno. Qualsiasi sia la vera causa della tragedia, a distanza di tanti anni ancora piangiamo la perdita di tanti valorosi militari e di tante innocenti vittime civili. I primi morti per aver compiuto, in un modo o nell’altro, il proprio dovere, i secondi per essersi trovati nel momento sbagliato, nel posto sbagliato.

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