Il clan Tatone di Casaluce domina il quartiere milanese di Quarto Oggiaro

di Redazione

Quarto Oggiaro, MilanoCASALUCE. Un dominio assoluto quello dei Tatone di Casaluce nel quartiere Quarto Oggiaro, a Milano. Assieme ai calabresi Carvelli, altra potente famiglia malavitosa di Petilia Policastro, in provincia di Crotone, i Tatone sono “imperatori” della coca, in grado di “smazzare” anche un etto alla volta.

Li chiamano “i mezzi pazzi”. Tra i due clan c’è un accordo sancito in nome del denaro. A modo loro, coi loro modi, controllano pure l’immigrazione. Su 4mila appartamenti popolari (l’80 per cento è del Comune) ce ne sono 700 occupati abusivamente, e dunque li si potrebbe fittare a stranieri.

Ma no, quelle case destinate a parenti e parenti dei compagni in carcere, e vanno usate come fabbriche e smercio di droga. A Quarto Oggiaro, ormai “periferia tra le periferie” di Milano e d’Italia, niente extracomunitari. A meno che non siano albanesi e slavi clienti delle due bische clandestine nascoste dietro l’insegna “circolo privato” in via Lopez e via Concilio Vaticano II. Un’alleanza ‘ndrangheta e camorra che controlla anche le menti delle persone. Passi il carcere, ci si è abituati. Passino i giornali, tanto nell’organizzazione ci sono perfino gli addetti a catalogare gli articoli. Ma le parole, il denunciare, il collaborare con la polizia, no.

E se non lo si capisce: minacce, auto bruciate, pestaggi. Nella Milano che invoca la tolleranza zero contro gli zingari che rubano il rame dai binari, i peruviani ubriachi che invadono i parchi pubblici armati di barbecue, i piccoli nomadi che borseggiano fuori dalla stazione Centrale, nella Milano delle marce del sindaco Letizia Moratti a favore della legalità, ci si è dimenticati degli italiani, gli italiani cattivi che vivono in questo incrocio di malaffare e malavita, di sensi unici, di pitbull che Quarto Oggiaro, controlli di quartieresbranano barboncini, di denunce rare e sempre anonime, di balconi delle case dei boss di colore diverso rispetto alla tinta del caseggiato, di centinaia di persone a libro paga delle cosche, 3 mila euro al mese in cambio di soffiate, rifugi, favori. In realtà, negli anni ’90 un po’ di pulizia era stata fatta nel quartiere, con delle maxi operazioni da decine di arresti ognuna. Ma, scontati 15-16 anni di cella, i boss, i “masti”, sono usciti.

Hanno ricominciato. A partire dall’arruolamento delle “giovani leve”. E hanno pensato di dividersi le zone di spaccio: alla ‘ndrangheta una zona, alla camorra un’altra. Eccetto via Satta, dove c’è il commissariato guidato da Angelo De Simone, uno giovane, bravo, tosto, che fa finta di nulla se quando esce dall’ufficio i “picciotti” lo prendono a fischi. Alcuni giorni fa De Simone ha chiuso un’indagine antidroga, dodici in manette, di cui dieci subito scarcerati. Si dice che per due giorni, dopo la decisione di scarcerazione del giudice, siano girate nel quartiere copie della relativa ordinanza, per far vedere alla gente, con carta alla mano, che a Quarto Oggiaro non comanda lo Stato ma l’anti-Stato.

Domenica scorsa, durante la sua omelia, il parroco del quartiere don Edy Cremonesi ha detto che “non ci sono solo i boss, ci siamo anche noi, ce la faremo. Certo che vedere che li arrestano e poi li scarcerano…”. Ora un nuovo gip è riuscito ad aprire l’inchiesta, che potrebbe portare a un giro di vite. Nel frattempo, in commissariato le riunioni si tengono a tapparelle abbassate: dai palazzoni di fronte sbirciano, prendono nota su arrivi, durate degli incontri e, quando vogliono vederci chiaro, meglio, di più, ecco, inseguono in auto il visitatore fino a via Vialba dove Quarto Oggiaro finisce. Un confine segnato da un cartello stradale, sopra c’è scritto “Milano”.

 

 

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