Casaluce, in visita alla famiglia del castello

di Redazione

CasaluceCASALUCE. Un tuffo nel passato, fra i riti, le tradizioni, le leggende di un’epoca – quella medievale – che continua a esercitare un fascino particolare sulle generazioni dei giorni nostri. È la sensazione che si prova nell’attraversare il ponte levatoio che conduce al castello medievale di Casaluce, prima fortezza dell’Italia meridionale, fondata dai normanni nel 1030.

Gli archi dell’imponente struttura, per secoli convento dei monaci Celestini, racchiudono la corte maggiore, dove, secondo quanto indicato dagli archivi del tribunale ecclesiastico aversano, fu arsa viva la «strega» Martuccia, giovane di Lusciano, accusata di far essiccare con la magia i raccolti dei vicini di casa. L’atmosfera è suggestiva, ma, a guardarlo bene, il castello offre anche un’immagine di stanchezza. L’incuria e le scelte inopportune degli ultimi decenni sono ben visibili: gli unici interventi mirati al ripristino sono stati effettuati in maniera superficiale e i ritocchi in cemento armato, che risalgono ai primi anni 80, lo testimoniano chiaramente. Oggi, ad accogliere i visitatori dello straordinario complesso architettonico, che costituì anche una delle mete preferite di Giovanna I D’Angiò, non c’è nessuno. Il castello, infatti, non è aperto al pubblico e per poterne ammirare la bellezza, bisogna avere il consenso della famiglia Ortucci, che da anni lo abita. A tal proposito è in corso un contenzioso con la Curia di Aversa per il riconoscimento del diritto di enfiteusi. CasaluceNonostante l’ampia disponibilità dei «castellani» ad aprire le porte per mostrare la struttura, è inevitabile il disagio di sentirsi a casa di altri. Più facile sbirciare nel piazzale esterno. Sulla questione della proprietà sono puntati i riflettori di quanti vorrebbero che il bene fosse acquisito a patrimonio pubblico. Ma, tra autorità religiose, Comune e Provincia, l’accordo per segnare un futuro diverso sembra lontano anni luce. E così, tra l’indifferenza generale, di turisti, oggi, non si vede neanche l’ombra. Fatta eccezione per qualche scolaresca, la struttura riesce a calamitare un numero notevole di persone (circa mille ogni serata) soltanto durante la rassegna di due giorni «Voci e magie di un antico castello», promossa da «Il corbo», l’associazione culturale che nasce nel 1994 proprio per ridare dignità all’opera normanna. Un evento di spessore culturale che ottiene consensi sempre più elevati. Ma allora perché, nonostante gli sforzi e le potenzialità, il turismo a Casaluce non decolla? «Perché – dice Enrica Cristiano de Il Corbo – nella nostra realtà territoriale, purtroppo, non si fa altro che distruggere». E a spostarsi dalla corte del castello al santuario (parte integrante del vecchio complesso monastico), difficile credere che non sia così. La chiesa, nella quale sono custodite le due idrie, nelle quali, si racconta Gesù compì il miracolo di Cana, e l’icona della Madonna bruna, che si dice sia stata dipinta da Luca l’evangelista, versa infatti in uno stato di intollerabile degrado. Dalle volte rovinate e ripristinate in maniera grossolana, privo degli affreschi del ’300 ancora custoditi al museo civico di Napoli e mai più restituiti alla popolazione casalucese, deturpato dalla muffa che ricopre le navate: il santuario si presenta così. Le sue porte tuttavia sono aperte per diverse ore al giorno. Ad accogliere i devoti c’è don Michele Verolla. «Ho scritto a tutte le autorità istituzionali per salvare questa struttura, ma nessuno interviene», si lamenta il parroco, che poi racconta entusiasta delle visite. «Qui vengono tanti pellegrini – dice – e qualche giorno fa è anche venuta una medievalista per fotografare i nostri affreschi». I turisti religiosi, grazie anche al gemellaggio con un comune dell’entroterra abruzzese, ultimamente sono più numerosi. Ma bar o ristoranti per rendere gradevole la permanenza dei pellegrini, non ce ne sono.

Il Mattino (ALESSANDRA TOMMASINO)

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