Bomba contro il costruttore Emini

di Redazione

EminiPARETE. È da poco passata la mezzanotte. Le porte delle case sono tutte spalancate, la gente si intrattiene ancora sui balconi a causa dell’afa estiva che non molla la presa nemmeno col buio. Ma tutta questa animazione non ferma la mano del solito ignoto che colloca una bomba carta nei pressi dell’ingresso della villa di Francesco Emini, in via Giuseppe di Vittorio.

L’esplosione va al di sopra del vociare delle televisioni ancora accese e fa ripiombare una famiglia nel terrore. Francesco Emini, notissimo imprenditore di Parete, titolare di un’impresa che ha raggiunto fatturati miliardari, come stanno a dimostrare i diversi parchi costruiti soprattutto a Lusciano, a Parete e ad Aversa, è finito ancora Pareteuna volta nel mirino del racket delle estorsioni. La bomba carta, di piccolo potenziale, non ha fatto danni particolari, se non annerire il muretto a ridosso del quale era stata collocata. Ma l’avvertimento è di quelli che non lascia dubbi sulle intenzioni dei mittenti. Ancora una volta, come già avvenuto in precedenza e come dimostrano i procedimenti ancora in corso, la malavita organizzata tenta la scalata della Emini Spa, tenta di imporre le proprie richieste. Anche se, stando a quanto affermano i carabinieri del gruppo di Aversa, che indagano sull’episodio in collaborazione con i colleghi della locale stazione, l’imprenditore ha negato di aver ricevuto richieste estorsive, dopo quelle relative alla vicenda che nel mese di luglio dello scorso anno ha portato all’arresto di Giuseppe Ventre, alias «Peppe ‘o curt» e Alfonso Santoro, entrambi di Lusciano. Successivamente, il 6 marzo scorso, per la stessa vicenda, i carabinieri della stazione di Cesa arrestarono Salvatore Spenuso, 33 anni. In carcere, anche per un’altra serie di inchieste, è finito anche Luigi Guida, detto «o’ drink», napoletano del quartiere della Sanità, ma ritenuto il capozona per conto del ramo bidognettiano del clan camorristico dei “casalesi” sul litorale domizio, in particolare per Castelvolturno. Lo steso Guida si è visto notificare in carcere, venerdì scorso, un’altra ordinanza di custodia cautelare per estorsioni messe a segno sul litorale, con la complicità dei due fratelli Carobene, Francesco e Vincenzo, boss dei «casalesi» per Aversa, un caporalmaggiore dell’esercito ed altri due pregiudicati. Guida, Ventre, Santoro e Spenuso, tutti ritenuti affiliati al clan dei «casalesi», erano stati destinatari di ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Dda di Napoli nell’ambito delle indagini relative ad una serie ripetute di estorsioni proprio ai danni del costruttore di Parete. L’imprenditore, secondo le indagini dirette dalla procura antimafia partenopea e condotte dai carabinieri del nucleo operativo di Caserta, sarebbe stato costretto a versare una tangente di venticinquemila euro mensili, come una sorta di “premio assicurativo” per continuare a lavorare senza subire ritorsioni. Da questa inchiesta è emerso anche un collegamento tra clan napoletani e i “casalesi” per il controllo del territorio al confine tra le province di Napoli e Caserta. Un accordo tra cosche per stringere nella morsa della criminalità e costringerli a pagare tangenti continue imprenditori e commercianti dei paesi a cavallo tra gli hinterland giuglianese e aversano. Spenuso, peraltro, ha anche legami familiari con i gruppi di Sant’Antimo (sua città d’origine), avendo sposato la figlia del capoclan Antimo Puca, assassinato in una faida di camorra alla fine degli anni ’80. Anche il padre di Salvatore Spenuso, Gabriele, era un esponente di spicco dei bidognettiani.

Il Mattino (NICOLA ROSSELLI)

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