Brancaccio e la talpa, silenzio con il GIP

di Redazione

TribunaleORTA DI ATELLA. Uno scambio di favori tra compagni di cordata, tra alleati politici, tra vicini di banco in consiglio regionale. Un feeling, quello tra Angelo Brancaccio e Roberto Conte, il candidato più votato della Margherita alle elezioni del 2005, documentato dalle intercettazioni telefoniche contenute nell’inchiesta-bis sulle mazzette al Comune di Orta di Atella, di cui l’esponente diessino è stato sindaco fino all’autunno del 2005.

In gioco c’è un posto di guardia giurata in un istituto di vigilanza, lavoro promesso da Brancaccio al maresciallo dei carabinieri Giuseppe Iannini. Il favore è diventato urgente, Iannini deve riferire cose importanti. E Brancaccio sollecita l’interessamento del collega consigliere. Lo fa il 16 novembre del 2006, sei mesi fa, quando le indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere sono quasi ultimate. Una telefonata inserita dal gip Paola Piccirillo nella nuova ordinanza di custodia cautelare per documentare la contropartita offerta a Iannini in cambio del suo interessamento giudiziario, ma che racconta anche altro. E cioè, il modo di intendere la politica del diessino più votato della provincia di Caserta. Nella telefonata Roberto Conte chiede informazioni sulla serietà e correttezza di uno degli addetti alla segreteria del Consiglio regionale, il preside Stellato. Angelo BrancaccioE Brancaccio, che lo conosce bene, lo rassicura aggiungendo: «Lì di persone perbene ce ne stanno poche». Conte è preoccupato, spiega che non capisce troppo il modo di ragionare dei diessini. Però «tu sei un diessino un po’ democristiano anche, ho la fortuna di potermi capire con te». Affermazione che Brancaccio rettifica: «O sono un democristiano travestito da diessino, non lo so». Casacca che a Conte, come documenta la trascrizione della telefonata, sarebbe graditissima. Uno scambio di battute, niente di più. Poi la sollecitazione del favore per «il cognato dell’amico qua», il maresciallo in servizio al Reparto operativo di Castello di Cisterna che nelle settimane precedenti aveva avvertito Angelo Brancaccio di un’indagine sul suo conto. Alla fine di settembre del 2006, mentre erano in corso interrogatori e accertamenti tecnici sulle delibere sequestrate all’Ufficio tecnico comunale, Brancaccio aveva incontrato il maresciallo Giuseppe Iannini, suo vecchio amico, per chiedere notizie sull’indagine. All’appuntamento erano andati anche i carabinieri del Reparto operativo di Caserta, a bordo di un furgone con targa di copertura. Iannini si era accorto del pedinamento, più tardi dal suo ufficio aveva controllato l’archivio della Motorizzazione e scoperto che la targa risultava inesistente. Cioè, era una targa in uso ai reparti investigativi speciali. E di questo, sostengono i pm Alessandro Cimmino e Luigi Landolfi, aveva informato l’amico politico. Diversa la versione fornita ieri dal sottufficiale dell’Arma, arrestato martedì mattina, nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Ha confermato l’accesso alla banca dati per la verifica dell’intestatario di quella targa, ma ha detto di aver fatto il controllo perché temeva che il pedinamento fosse opera di elementi della criminalità organizzata sui quali stava facendo indagini. Ha negato di aver riferito il fatto a Brancaccio. Il quale, sentito ieri dal gip Paola Piccirillo, sul punto ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Accusato di corruzione (del maresciallo Iannini) e di calunnia nei confronti del maresciallo Ragozzino (in servizio alla stazione di Sant’Arpino), con l’assistenza degli avvocati Michele Basile e Maurizio Abbate ha rettificato, invece, le dichiarazioni accusatorie nei confronti del secondo sottufficiale, spiegando che Ragozzino non gli aveva mai riferito alcun dettaglio delle indagini in corso su di lui. Fatto che era già emerso durante gli accertamenti fatta dalla Procura, che ha individuato in altre persone gli autori delle «soffiate». E intanto, il Tribunale del Riesame di Napoli potrebbe depositare nella giornata di oggi (ma il termine ultimo è domani) la decisione sulla richiesta di annullamento della prima misura cautelare, quella che l’8 maggio ha portato in carcere il consigliere regionale diessino, un poliziotto, un costruttore e lo staff dell’Ufficio tecnico del Comune di Orta di Atella.

Mazzette al Comune due ordinanze cautelari L’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere su gli abusi edilizi, i favori e le mazzette al Comune di Orta di Atella è raccontata nelle due ordinanze di custodia cautelare, eseguite l’8 maggio (sei arresti) e il 22 maggio (due arresti). Due gli esponenti delle forze dell’ordine finiti in cella con l’accusa di corruzione.

Il Mattino

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